Il mese della legalità serve per ricordare, a tutti, i numerosi sacrifici delle persone che hanno aiutato l’Italia a diventare un posto migliore.
Questo mese ci fa capire, inoltre, che l’unione fa la forza e che bisogna seguire l’esempio di persone come Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e Giuseppe Impastato, a cui vanno attribuiti dei grandissimi meriti, perché combattere la mafia non è da tutti.
La nostra attività è cominciata con la lettura di un romanzo intitolato: “La ragazza che sognava di sconfiggere la mafia”.
Il libro, che tratta di tematiche importanti e avvincenti, racconta la storia di una ragazza determinata che vuole rendere il suo paesino in Calabria un posto più giusto e vivibile, facendo in modo che nessuno debba più vivere nella paura di ingiustizie e soprusi.
Ma il suo percorso non è affatto semplice, anzi, è pieno di imprevisti, come l’assassinio di Falcone e Borsellino, due grandi difensori della legalità che hanno combattuto la mafia per tutta la vita.
Nonostante ciò, la protagonista riesce ad andare avanti con molto coraggio, perché ha capito che nel suo paese c’è qualcosa di buono che va valorizzato.
Ma il nostro percorso per il mese della legalità non è di certo finito qui.
Infatti, abbiamo ascoltato tutti assieme due canzoni intitolate “Pensa” e “Cento passi”, ricche di belle frasi da ricordare, ma quella che forse mi ha colpito di più è la seguente:
“Si sa dove si nasce ma non dove si muore”.
Con questa frase ci colleghiamo anche a un altro lavoro che invece ha riguardato gli Istituti di Pena Minorili.
Molti dei ragazzi che finiscono in un istituto di pena lo fanno perché sono nati in un ambiente sbagliato. Ma il destino è solo e unicamente nelle loro mani: se vogliono, possono cambiare il corso della propria vita, anche se questo vuol dire esporsi e affrontare molti problemi, che però conducono a una vita libera.
Queste azioni sono proprio quelle che compie “Mirea”, la protagonista del docufilm a cui abbiamo assistito, una ragazza che finisce nel carcere minorile di Nisida.
Il suo nome deriva dal latino e significa “ammirare”, infatti l’abbiamo ammirata, non solo per la sua personalità, ma in particolare per le sue sfaccettature e cicatrici che le hanno lasciato un segno indelebile.
La ragazza è un’anima libera e leggera, che guarda il mare di Napoli rinchiusa nel carcere minorile, un posto pieno di stimoli che però rimane comunque un carcere.
Mirea, sentendosi imprigionata, ha il fortissimo desidero di volare via e, fortunatamente, ci riesce, perché ha capito che la sua vita, così come tante altre, non ha significato senza la libertà.
In questo mese le iniziative sono state davvero tantissime, tutte belle e importanti, ma quelle che mi hanno emozionato e mi hanno fatto pensare maggiormente sono state la lettura del libro e la visione del docufilm.
Mi hanno fatto imparare che anche nelle situazioni più difficili, quelle apparentemente senza uscita, c’è sempre speranza se solo si seguono i princìpi della legalità.
Dafne Miletti
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