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Andra, Tatiana e Sergio, la Shoah raccontata da Titti Marrone e da Mario De Simone

Immagine del redattore: ilBelvedereonlineilBelvedereonline

Aggiornamento: 21 feb 2024



Il 20 febbraio 2020, gli alunni della scuola "A. Belvedere" hanno avuto l'opportunità di incontrare la giornalista e scrittrice Titti Marrone e il dottore Mario De Simone, fratello di una vittima della Shoah.

Tutto è iniziato il giorno in cui ci è stato proposto di leggere un libro intitolato Meglio non sapere, scritto da Titti Marrone. Nel libro si narra di Sergio de Simone e delle sue cugine, Andra e Tatiana Bucci. L’autrice racconta due storie unite da un filo più che visibile ma che, purtroppo, hanno finali differenti.

Il testo è una raccolta di interviste che la dottoressa Marrone ha fatto diventare un'unica storia, ricca di descrizioni e dettagli.

Sergio viveva con sua madre Gisella a Napoli ma, emanate le leggi razziali, decidono di trasferirsi nella città natale di Gisella, Fiume. Insieme ad Andra e Tatiana, trascorrono a Fiume un'intera estate finché non vengono trovati e catturati dai tedeschi. Vengono deportati nel campo di concentramento di Auschwitz. Soprattutto per dei bambini, lì la vita è dura ma loro sono stati "fortunati" perché vengono scambiati per gemelli, quindi non vanno direttamente nelle camere a gas. Una delle sorveglianti della baracca si affeziona in particolar modo ad Andra e Tatiana: oltre che accudirle, dando loro maggior razioni di cibo e fornendo loro vestiti più caldi, le avvisa di non fare un passo avanti quando sarebbe arrivato un uomo col camice bianco a chiedere chi voleva vedere la mamma. Le due sorelline avvisano anche Sergio, però lui farà il passo avantie insieme ad altri bambini verrà portato via.

Andra e Tatiana, una volta liberato il campo, vengono portate in una casa in Inghilterra, a Lingfield, e per loro ci sarà il loro ritorno alla normalità. Alla fine, anche se con qualche difficoltà, riusciranno a ritrovare la loro famiglia.

A Sergio, purtroppo toccò una sorte ben peggiore. Una volta tornata a Napoli, Gisella continuò a sperare, convinta che suo figlio fosse ancora vivo e che, magari, qualche famiglia russa l'avesse accudito.

In realtà, su Sergio furono condotti degli esperimenti. Insieme agli altri bambini venne usato come cavia umana. All'inizio Gisella non era a conoscenza di ciò e presto ebbe anche un altro figlio, il dottor Mario De Simone, e anche lui crebbe con le convinzioni di sua madre.

Un giornalista tedesco che la dottoressa Marrone ha intervistato nel suo libro, Günther Schwarberg, condusse delle indagini sulla fine di venti bambini e venne a galla tutta la verità. Provò ad informare Gisella sulla sorte di suo figlio, ma lei non voleva saperne nulla ed è morta con la convinzione che suo figlio fosse ancora vivo. Solo dopo, Mario, Andra, Tatiana e tutta la loro famiglia vennero a sapere quale fu la vera sorte di Sergio.

La dottoressa Marrone e il dottor De Simone ci hanno mostrato delle diapositive con delle foto che illustravano Sergio, Andra, Tatiana, Gisella, i campi di concentramento e tutti gli orrori della seconda guerra mondiale. Ci hanno riassunto brevemente il libro e poi la dottoressa Marrone ha iniziato a parlare, raccontandoci ulteriori particolari, facendoci riflettere su ciò che avevamo letto.

Mentre la dottoressa Marrone raccontava il dottor De Simone aveva le mani giunte. È come se lui avesse vissuto questa esperienza in prima persona perché sia sua madre che suo fratello erano stati deportati nei campi di concentramento e le parole dette dalla scrittrice lo facessero ancora soffrire rammentandogli il passato.

Abbiamo discusso anche di attualità e I nostri ospiti ci hanno mostrato delle foto a conferma che la storia si ripete sempre: tutte le persone che al giorno d'oggi scappano in cerca di una vita migliore e, spesso, muoiono nel tentativo di salvarsi.



Abbiamo anche avuto l'opportunità di porre alcuni quesiti alla dottoressa Marrone.

1. Un solo un vocabolo non può riassumere tutto il dolore e tutta la sofferenza che sono dietro questo periodo, ma riuscirebbe ad attribuire un aggettivo agli avvenimenti e all'ideologia della Seconda Guerra Mondiale?"

“Si, ci riuscirei. Umano. Umano nella sua disumanità. Hitler non era pazzo, era un uomo. Non si può definire il suo comportamento animale, gli animali sono migliori. Ma tanto meno la sua ideologia si può considerare umanità. Sono convinta che in ognuno di noi ci sia il bene e il male, "umanità" significa coltivare il bene con l'intelligenza e "mettere via" il male, capire con la ragione. Per gli avvenimenti della Seconda Guerra Mondiale non c'è giustificazione”.

2. Secondo lei, immedesimandosi nei panni di Gisella, è "meglio non sapere"?

“Quando accade "qualcosa di brutto" la mente non vuole sapere. Mio marito è morto in un incidente stradale e allora anche io ho reagito come Gisella: non volevo sapere. La mente si ferma dinanzi il male estremo, è una tecnica di sopravvivenza. Non si può portare sempre con sé tutto il peso, però bisogna avere consapevolezza del bene.

3. Alcune parti della storia dei tre bambini sono particolarmente strazianti, terrificanti. Le è capitato di avere delle difficoltà nel raccontare alcune scene del triste passato delle due sorelle e del loro cuginetto?

“Moltissimo, soprattutto nella storia di Sergio. Il 27 Gennaio è il giorno della memoria e io vi consiglierei di considerare questo giorno come un'occasione. Un'occasione per ricordare e raccontare, ma non per dimenticare. Non dimenticate quanto vi abbiamo raccontato: la storia si ripete sempre”.

4. Perché ringrazia suo padre nella nota bibliografica e nei ringraziamenti?

“Mio padre è stata la persona più importante della mia vita. Lui era fascista perché era cresciuto, era stato fatto crescere, con questa mentalità. Lo vedevo come "negativo", ma in lui c'era il bene. Per me, era come un amico fedele anche se avevamo una mentalità opposta e sapevo che in lui c'era umanità”




Abbiamo poi proseguito il nostro incontro ponendo altri quesiti al dottor De Simone.

1. Quali sono state le sue reazioni quando ho scoperto che Sergio, nonostante gli avvertimenti di Andra e Tatiana, aveva fatto il passo avanti per andare dalla madre?

“Probabilmente l'avrei fatto anch'io. Sergio era figlio unico e suo padre era prigioniero di guerra, quindi, vivendo anche solo con la madre, con lei aveva un rapporto e un legame fortissimo

2. Nonostante non abbia conosciuto suo fratello, quale legame ha con lui? Come lo immagina?

Il nostro è un legame metafisico, è un legame strano. Lo conosco solo attraverso delle foto e con i libri lo ricordo sempre di più.

3. Inizialmente, ha creduto anche lei alle speranze di sua madre?

Ciò che so sulla Shoah l'ho saputo quando ormai mia madre non c'era più. Io sono cresciuto "convinto" delle sue speranze. Ero convinto che mio fratello fosse stato accudito da una famiglia in Russia e che da un giorno all'altro sarebbe tornato”.




Quando accade qualcosa di brutto la mente fa di tutto per ignorarlo e per non sapere. Alla fine, fallisce e continua ad andare avanti solo grazie alle sue convinzioni e a quel barlume di speranza che l'aiuta a sopravvivere.



Lucia Palmieri

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